Interventi in ambito sociale  
		    La formazione, attraverso lo strumento del  sociodramma, si propone come un forte stimolo al cambiamento. Sappiamo  che uno dei maggiori indici di successo della formazione è la  motivazione che attraversa i partecipanti. Tuttavia quest'ultima non è  quasi mai del tutto collocata ad un livello di coscienza. Il  cambiamento è sempre molto faticoso, doloroso e spesso non è percepito  nell'immediato come un processo che offre una grande quantità di  vantaggi. Nella maggior parte dei casi tutto questo è dovuto al fatto  che i partecipanti temono di dover rinunciare alle proprie esperienze e  di dover attraversare nuovamente delle fasi particolarmente critiche  per poter cambiare. Inoltre il cambiamento è spesso richiesto  dall'organizzazione o dal contesto sociale, che non sempre tiene conto  dei conflitti che nascono tra i bisogni personali e quelli della stessa  organizzazione o della collettività. Prendiamo il caso di un gruppo di  genitori che partecipano ad un sociodramma sul loro ruolo educativo.  Uno dei bisogni personali sarà indubbiamente quello di salvaguardare il  più possibile il proprio operato, che a sua volta è uno dei frutti  della propria esperienza di figlio, nonché quello di apprendere e  proporre un modello educativo che sia da un lato compatibile con quelli  proposti dalla società e dall'altro con il proprio sistema familiare. In  genere è piuttosto difficile che un genitore si senta di condividere le  sue emozioni con altri; la solitudine di una madre o di un padre di  fronte alle difficoltà è spesso una condizione molto conosciuta.  Tuttavia il bisogno di preservare il proprio ruolo porta spesso alla  chiusura e all'isolamento più che ad una esposizione di fronte ad  altri. Già questa è un'evidente manifestazione di un conflitto. Nella  società moderna in cui viviamo la molteplicità delle informazioni  disponibili, che non è sempre del tutto omogenea, propone a parità di  condizioni dei modelli completamente differenti. La permissività contro  la severità, la tolleranza contro il giudizio sociale, l'integrazione  contro il razzismo, le emozioni contro i beni materiali.... Il problema  di fondo è che non esiste un modello "migliore"  degli altri  senza che vengano prese in considerazione le esigenze sociali, di  contesto e culturali dell'ambiente circostante. Questo è un problema  collettivo ed affrontabile dall'intera collettività perché la stessa  diviene la maggior fonte di risposte possibili e adeguate, senza che  l'una assuma necessariamente una forma antitetica rispetto all'altra.  Lo stesso accade pensando al ruolo degli educatori, degli insegnanti,  degli assistenti sociali, degli infermieri, dei medici, e così via.  Esistono questioni per le quali è inevitabile scontrarsi con i problemi  collettivi del ruolo e per i quali è indispensabile riflettere per  poter operare al meglio. Abbiamo identificato l'ambito sociale come  quell'area in cui operano persone che in qualche modo si occupano di  altre persone, in modo del tutto o parzialmente strutturato. Sia che  queste siano dei figli, che degli allievi, che dei pazienti, si trovano  in uno stato temporaneo o permanente di svantaggio. Ciò che si propone  come "cura" si occuperà fondamentalmente di tre diversi  obiettivi: l'apprendimento al fine accorciare il più possibile la  distanza dalla cultura collettiva, la riabilitazione da uno stato di  disagio ad uno stato di agio sociale, l'accettazione dello stato di  svantaggio con un ventaglio di strumenti a disposizione che limitano al  massimo la condizione di emarginazione a causa delle dimensioni della  differenza. L'occuparsi di altri è quindi una condizione di "vantaggio sociale" che tende a promuovere la crescita per eliminare o contenere il disagio  determinato dallo svantaggio altrui. E' chiaro ed assolutamente  inevitabile che tutto questo comporti la presenza di un livello  introspettivo e di consapevolezza qualitativamente elevati, soprattutto  per evitare che il proprio privato entri in modo dirompente e  interferente nel privato di chi in realtà ha bisogno di essere "guidato". Per  questo motivo la condivisione, la visione del problema da più punti di  vista e la sua elaborazione sono elementi prioritari per lo sviluppo  del ruolo sociale. Il sociodramma si pone come uno strumento e non come  un modello, come una tecnica e non come una medicina, come un ambito  protetto dalla soggettività e non come portatore di verità assolute. Si  è di fronte alla necessità di favorire l'incontro di tutti quei mondi  privati che si sovrappongono nel divenire un "collettivo", senza  che la minaccia del conflitto aperto e non gestito prenda il  sopravvento.  
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		    Interventi in ambito organizzativo  
		    La maggior parte dei problemi presenti  all'interno di un contesto aziendale sono legati alla difficoltà  particolarmente elevata di definire i ruoli. Si crede erroneamente che  definire un corretto organigramma, un buon mansionario e una buona  struttura siano sufficienti a garantire la chiarezza negli aspetti che  delimitano l'area di azione del ruolo. In realtà questa è solamente una  delle componenti del ruolo e per la verità è quella su cui è possibile  esercitare il maggiore controllo.Vi sono tuttavia una serie di elementi  discrezionali che vi sfuggono e che si innestano nel ruolo in modo tale  da cotribuire decisamente alla formazione della sua identità. Questi  sono quelli che abbiamo definito come ruoli collettivi, ovvero  l'insieme dei privati che si intersecano e che determinano la cultura  organizzativa. Perché intervenire attraverso il sociodramma? La  risposta è certamente multipla e comprende la necessità di omologare  l'identità di ruolo per dare ad esso una connotazione propositiva,  sistematica e soprattutto aderente a quanto l'azienda intende  trasmettere nei suoi messaggi. La questione della coerenza sociale non  è solo un problema etico, ma fornisce in qualche modo delle risposte  alle aspettative della clientela e dell'ambiente circostante. Una  azienda chimica inserita in un contesto di provincia costituisce una  fonte di ansia per la collettività. Il fantasma di alambicchi e  laboratori misteriosi pronti ad esplodere in un disastro ambientale di immani proporzioni è  un problema di tutta la comunità. Pur senza alcuna consapevolezza e  alcuna tecnica, gli "open day" sono un intervento a matrice  sociodrammatica. Le persone possono entrare nella fabbrica, visionare i  reparti, parlare con gli operai e gli impiegati e visitare il luogo di  lavoro dei propri cari. E' una azione guidata che offre il beneficio di  aumentare la conoscenza dell'azienda, di abbassare il livello di ansia  nella popolazione ed integrare la propria identità con quella della  collettività. Questo esempio riguarda espressamente il problema  dell'interazione tra un'azienda potenzialmente pericolosa e l'ambiente.  Vi sono altresì una miriade di situazioni per le quali l'intervento  sociodrammatico si rivela potenzialmente utile per la sua collocazione  nella dimensione sociale del ruolo. L'appartenenza, lo stile interno di  relazione, l'approccio alla clientela, i flussi comunicativi e così  via, sono tutti elementi sui quali è possibile strutturare una sinergia  tra il condividere, l'agire e il riflettere sull'esperienza. Ciò che  rende questo strumento praticolarmente duttile è la possibilità di  calibrarlo in funzione delle esigenze presenti e dei problemi che si  intendono affrontare, sia che essi riguardino una qualsiasi questione  sociale, sia che siano inerenti a particolari conflittualità presenti  nel gruppo stesso. Vi sono infatti accezioni specifiche del sociodramma  sviluppate in modo approfondito in Argentina e che si occupano dei conflitti nodali all'interno dei gruppi. In questo è molto importante che il contesto  sia molto preparato a scoprirne le origini e ad affrontare il conflitto  con grande disponibilità. Negli ultimi anni la formazione aziendale,  dopo aver attraversato un periodo in cui le tecniche di comunicazione e  di ascolto parevano essere la panacea per ogni male, è ritornata agli  antichi postulati formulati dalla psicologia ed inerenti all'importanza  delle relazioni interpersonali. Goleman e la sua intelligenza emotiva è stato spesso adottato come modello ideale per l'utilizzo delle  tonalità affettive per meglio gestire i gruppi di lavoro ed i rapporti  interni. Il Teatro d'Impresa ha coniato il termine di "formattori"  per rendere l'idea della rappresentazione come simbolo degli  accadimenti all'interno delle organizzazioni. Nessuno in realtà pare  aver scoperto qualcosa di veramente nuovo e che non appartenga ad  antiche radici psico-sociologiche o filosofiche. Forse perché l'essenza  della vita sociale è rappresentata proprio dall'identità di ruolo e dal  modo in cui questa si pone come agente interattivo, o più probabilmente  perché si rischia di entrare in un campo minato in cui si devono  necessariamente incrementare le proprie competenze umanistiche.  Accrescere la capacità di osservare, di leggere le dinamiche del gruppo  e di utilizzarne gli spunti per migliorare sono gli obiettivi  prioritari di questi interventi.  
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